lunedì 14 maggio 2012

Bosnia duemilasei

Sono diversi gli episodi e le circostanze che porto con me, per tanti motivi. Ciascuno ha dato un colore, un tono al mio vissuto. Forse un giorno avrò voglia di tediarvi  raccontandovi delle esperienze che hanno avuto un colore grigio e che poi, col passare del tempo, hanno trovato delle sfumature più dolci trasformandosi in un colore dai toni più chiari.
In questo momento invece sento il bisogno di rendervi partecipi di una delle cose che  ha colorato la mia vita di colori caldi e solari.
Era l'estate del duemilasei quando, appena ventenne, decisi di iscrivermi ad un progetto di un' Ong che organizzava campi scuola in Bosnia. Partii, con la mia amica Marialaura, alla volta della Bosnia, lasciando i miei genitori preoccupati, ma anche fiduciosi e entusiasti dell'esperienza che mi accingevo a fare.
Durante il viaggio in treno, appena entrati in territorio bosniaco, provai le prime sensazioni a contatto con un paesaggio dai tratti semplici, che per molti versi somiglia a quello nostro, vuoi per i colori, vuoi per le sue linee.
Trascorsi la prima settimana a Otoka Bosanska, una piccola città della Bosnia settentrionale. Il gruppo di cui facevo parte, I Vagabondi di Pace, aveva l'obiettivo di creare, all'interno delle scuole dei paesi dove facevamo il campo, delle attività con i bambini e i ragazzini bosniaci. Il primo giorno, superati lo spaesamento e l'inibizione dell'inizio, rimasi stupita da come i bambini aspettavano l'apertura della giornata al campo scuola. Man mano che i giorni passavano, mi sentivo sempre più in un habitat familiare. Devo ammettere di aver risvegliato il lato ludico che si era quasi assopito in me. 
Nei giorni successivi il rapporto divenne sempre più di contatto fisico con alcuni bambini, perchè ti saltavano addosso dalla gioia di vederti, ti abbracciavano, ti baciavano. Le ragazzine più grandi si divertivano a farmi la treccia o la coda ai capelli. A fine giornata era bello percorrere la strada verso casa con loro che ti stringevano la mano, che ti racconglievano un fiore o un frutto e te lo offrivano. A proposito ricordo bene la volta in cui un ragazzino si arrampicò su un albero per prendere una mela. Messi i piedi a terra, mi donò la mela che aveva un grosso verme all'interno. All' inizio la guardai con un certo disgusto, ma non potevo non mangiarla, non sarebbe stato cortese nei confronti del bambino, allora detti un morso alla parte in cui la mela era ancora sana.
La sera quando tornavo a casa, - sì a casa, perchè noi volontari eravamo ospiti di un gentilissimo uomo bosniaco, Izet, che metteva a disposizione la sua abitazione per i ragazzi del collettivo -,sentivo forte la stanchezza di una giornata trascorsa con più di trenta bambini. Era una stanchezza che dava le sue soddisfazioni e che veniva allegerita dalle cene a base di burek e kifla.
La prima settimana ad Otoka trascorse in fretta e ricca di emozioni.
Per il campo scuola della seconda settimana, ci trasferimmo a Krupa Bosanka. Anche lì, così come era accaduto nella settimana precedente, i giorni furono pieni e zeppi di gesti di affetto. Per me era diventato ormai naturale il rapporto con i ragazzi. Non avevo nessuna remora a mostrarmi, nonostante l'unico modo che avessi per comunicare fosse il linguaggio del corpo e degli occhi, dato che solo i più grandi tra loro capivano qualche parola di inglese.
Una delle sensazioni che non posso dimenticare è quella che sentivo ogni giorno quando, a fine attività, i bambini se ne tornavano a casa ed io ero lì a guardarli fino a che non vedevo le loro sagome sparire all'orizzonte. Era come se non volessi perdermi nulla di loro, era come se non mi sentissi mai sazia.
Si concluse anche la seconda settimana e arrivò il momento di salutare la Bosnia e quello che essa mi aveva regalato in quei quindici giorni. Non fu facile partire, mi sentivo come strappata ad un posto che mi aveva dato la possibilità di sentirmi me stessa, vivendo emozioni che ancora oggi è arduo descrivere.
Conservo le tante lettere di arrivederci e i regali che ciascun bambino ha voluto che portassi con me.
La Bosnia questo è stato per me: un insieme di emozioni che mi si sono cucite addosso, come un vestito che non potrei mai smettere di indossare.






7 commenti:

  1. ... e questo è davvero un bel post!

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  2. da pelle d'oca!

    _a_

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  3. se firmaste i commenti sarebbe meglio. Potrei rispondere sapendo con chi sto "parlando".

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  4. bello Lucià. se dovessi dare un colore alla tua esperienza di sicuro sarebbe il GIALLO.

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    1. Perchè proprio il giallo?

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    2. mah ho lavorato per associazione di idee... il colore giallo nei disegni dei bambini se predomina indica un bambino vivace e dinamico...come il tuo viaggio in Bosnia...

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  5. bello. ne parlavamo proprio sabato con Marco di quella regione e della guerra di 15 anni fa. David.

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